giovedì 14 febbraio 2013

Donne in cucina (ma come chef)

È San Valentino e anche chi non festeggia probabilmente sta pensando di preparare una bella cena in casa. Io e mio marito non abbiamo mai festeggiato il 14 febbraio, ma non per andare contro corrente o perché "è amore tutti i giorni non una volta l'anno". Semplicemente per caso. Prima vivevamo in due città separate (una volta ho passato il San Valentino con lui lontano e io e una amica a uno speed date per single!), poi nella stessa città ma io via per lavoro (ma mi ha fatto trovare la cena pronta - e un'infinita quantità di pentole da lavare-), quest'anno è lui che deve lavorare. Ben venga, magari una cenetta la preparo io (e già la immagino servita sulla tovaglia con chiazze di pappa indelebili). Comunque, per chi volesse in questo articolo una bravissima chef dà alcuni consigli. Ma soprattutto racconta cosa vuol dire quando una donna si mette in cucina, ma a fare lo chef. I suoi maestri, da Marchesi a Cracco, sono tutti uomini. E tra gli stellati non è un caso.


martedì 12 febbraio 2013

Ecocarnevale

Oggi è martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale. Una festa amata e odiata (chi non ha detestato la schiuma o i coriandoli che spuntano per settimane dai posti più improbabili?), ma che entusiasma soprattutto i più piccoli. Anche la maschera è argomento di discussione tra le mamme (quando vestirli per la prima volta? È sopportabile mettere il giubbotto sul vestito?), ma il Carnevale è soprattutto un'occasione per dare slancio a creatività e fantasia. Con soluzioni che, se riportate nel mondo "serio", possono essere rivoluzionarie. Un esempio viene dal Carnevale dei Fantaveicoli di Imola, di cui parlo in questo articolo apparso su Settegiorni Tv. Non solo una festa non troppo conosciuta ma davvero originale, ma anche un'alternativa all'Imola dei motori, quella delle corse all'autodromo: qui si radunano veicoli di ogni tipo, ma tutti ecologici. Senza benzina, si va avanti pedalando, con la forza del vento, dell'acqua o anche solo di qualche sorriso.


sabato 9 febbraio 2013

La salute vien mangiando

Ho iniziato con grande entusiasmo lo svezzamento della mia bambina, ma subito sono stata frenata dalla sua bocca sigillata davanti a mela e pera grattata. Ci sono voluti molti tentativi prima che mangiasse con gusto qualcosa: lo yogurt intero, rigorosamente bianco, dal sapore acido. Dopo un mese si è aperta anche alle pappe, ma lo yogurt resta per lei un must. E inutili sono i ripetuti tentativi di darle la frutta, inutile nasconderla nell'amato yogurt, mischiarla con il biscotto, allungarla con il succo d'arancia (che, essendo acidulo, è di suo gradimento). E allora mi domando: i gusti sono innati? Diventerò una mamma che non riesce ad abituare sua figlia a un'alimentazione sana fatta di frutta e verdura? Evidentemente è presto per crearsi questi problemi, ma una chiacchierata con Marco Bianchi, chef scienziato attento alla salute, mi ha davvero tirato su di morale. E mi ha convinto a pensare prima a noi "grandi" che ci abbuffiamo di salumi e formaggi (spesso per non cucinare) e al banco del pesce scegliamo solo tra trote e orate (a volte mi allungo fino al branzino, il resto per me sono misteri del mare e della cucina). 



giovedì 7 febbraio 2013

Coppie di fatto ma non solo

Se c'è una legge giusta che il governo tecnico guidato da Monti ha varato è quella che ha reso finalmente uguali tutti i figli: niente più legali o naturali, dentro o fuori dal matrimonio. Solo figli. Anzi, vorrei sentire le ragioni di quei 31 che avevano votato no alla Camera. Non si risolve però il nodo delle coppie di fatto che chiedono tutele e diritti come per le coppie sposate. Ora, qui la questione è diversa, meno scontata e molto più ingarbugliata. Non voglio avventurarmi nella discussione ma solo limitarmi a considerare la condizione di chi ha la possibilità di tutelarsi semplicemente con il matrimonio (che, a essere pragmatici, è un contratto): per qualsiasi coppia eterosessuale (rimandiamo a un altro capitolo l'irrisolta questione dei diritti delle coppie gay) basta andare in Comune, mettere due firme et voilà, diritti acquisiti. Certo, anche doveri. Ma questo mi sembra giusto e doveroso. Altrimenti, si va dal notaio e si mette nero su bianco tutto quello che si vuole regolamentare nella coppia. Insomma, in questi casi non capisco dove sta la falla legislativa (a chi dice che in ospedale non ti danno informazioni sul convivente: in realtà in ospedale se non c'è l'assenso non ti devono dare informazioni nemmeno sul marito o la moglie, mentre tu puoi indicare come persona da informare anche il vicino di casa). 
Ieri però mi sono andata a vedere un asilo nido dove iscrivere mia figlia e, parlando di costi, Isee e rette, l'insegnante mi ha chiesto: «Lei è sposata?» «Sì» «Ah, allora niente...». Allora cosa? Semplice: se una coppia non è sposata per l'iscrizione al nido si considera solo l'Isee della madre, altrimenti si sommano i redditi di tutta la famiglia. Quindi, indovinate, chi paga di più? O dimostriamo che nelle coppie conviventi (e solo in quelle) compagni e padri si spendono tutto il loro stipendio gozzovigliando e lasciano compagne e figli a cavarsela da soli (dubito fortemente...) o questo sistema va decisamente rivisto. 

mercoledì 6 febbraio 2013

Sapori orientali aspettando il Capodanno cinese

Domenica si festeggia il Capodanno cinese. Per l'occasione cosa c'è di meglio di un piatto orientale? In questa intervista Tao, chef del famoso Mandarin 2 di Milano (pubblicata su Settegiorni Tv), mi racconta come nel menu si possa (e si debba) andare oltre gli involtini primavera. Ecco, io sono una di quelle che al cinese prende sempre i soliti cinque piatti (involtini primavera, ravioli al vapore, wanton fritti, riso al curry, pollo con anacardi). Meglio cambiare!

sabato 2 febbraio 2013



Sto passeggiando con un'amica lungo un marciapiede. Una dietro l'altra, ognuna con il suo bambino in passeggino. La mente va subito all'incidente dei giorni scorsi: due mamme, con i piccoli di due mesi, investite da un'auto. Chi era alla guida (appena uscito dal carcere, sotto effetto di droghe) si era distratto per prendere una sigaretta caduta sul tappetino. L'auto, di grossa cilindrata, va dritta sul marciapiede e scaraventa i due neonati dalle loro carrozzine. Una notizia come tanti altri che porta a domandarsi: dov'è la politica? L'Asaps, insieme ad altre associazioni, ha già raccolto 60.000 firme per introdurre il reato di omicidio stradale nel codice penale, una proposta che verrà ripresentata quando sarà terminata la prossima tornata elettorale. Perché qualche provvedimento è necessario: nel 2012 hanno perso la vita sulle strade 60 bambini. A loro si aggiungono almeno 13 piccoli ancora in grembo alla madre (e spesso uccisi anche con la mamma) che non sono mai nati a causa di un violento impatto stradale. Un triste conteggio arrotondato per difetto, un elenco di bambini di cui non esisteranno mai dati, numeri, percentuali. Secondo l'osservatorio dell'Asaps (Associazione sostenitori e amici della polizia stradale),lo scorso anno sono stati 793 gli incidenti significativi che hanno coinvolto i più piccoli, in cui ben 900 bambini hanno riportato lesioni importanti. Il Parlamento Europeo ha chiesto all'Italia di ridurre del 40% in dieci anni il numero degli incidenti stradali (5mila i morti ogni anno sulle strade italiane), ma lo Stato sta rispondendo con un sempre calante presidio del territorio e con un grave ritardo nell’adeguamento degli organici delle forze dell’ordine e delle norme del Codice della strada», denuncia l'Associazione familiari vittime della strada. Più educazione stradale (o semplicemente educazione) e leggi adeguate: è questo che dovrebbe fare la politica.

lunedì 28 gennaio 2013

Prudenza o coraggio

Il primo pensiero del lunedì va al calendario per le iscrizioni agli asili nido. Difficile entrare in graduatoria, rette piuttosto costose (anche al comunale), una bambina che a settembre avrà poco più di un anno e probabilmente passerà gran parte dei primi mesi di nido a casa malata. Eppure la mia convinzione che senza nido non è possibile tornare a lavorare attivamente non è campata in aria: per quanto ci si voglia organizzare, per quanto la creatura sia pacifica, il lavoro ha bisogno soprattutto di concentrazione e motivazione. Cercare nuovi lavori, poi, ne ha ancora più bisogno. Da qui la mania di guardare ogni giorno se è stato pubblicato il calendario dei "nidi aperti" (perché con la suocera che ti fa venire i sensi di colpa ricordandoti i peggiori fatti di cronaca dare un'occhiata è il minimo...), scrivere sull'agenda quando aprono le iscrizioni, valutare se quelle on line magari hanno la precedenza (non si sa mai, magari gli resti più simpatica perché ti sei presa anche la briga di acquistare il lettore card). E poi pensare a tutte le strategie per tornare fortemente attivi sul lavoro e giustificare questa scelta: cv aggiornato (fatto), formazione continua (fatto), calendario di idee e proposte, riallacciare i vari contatti. E pensare che, in fondo, negli ultimi mesi non è che sei stata proprio con le mani in mano. Ho letto un illuminante racconto di Anya a questo proposito e soprattutto i tanti commenti che seguono. È vero le libere professioniste lavorano fino al travaglio, ma poi riescono a  non farsi considerare comunque in maternità? Non ho lavorato solo per due mesi dopo la nascita della bambina (luglio e agosto), poi ho ripreso a lavorare. Ma ti senti sempre un po' a metà con le poppate ogni tre ore, poi lo svezzamento. Non è un caso se gran parte delle mamme tornano in ufficio dopo cinque mesi. E allora, forse, meglio fare una cosa alla volta e non cercare di essere multitasking a tutti i costi.

sabato 19 gennaio 2013

Viaggio tra i programmi elettorali

Ho cercato e letto i programmi di partiti e movimenti per le prossime elezioni. È stata un'avventura sconfortante. Ho preso in considerazione solo Pd, Sel, Pdl, Lista Monti, Movimento 5 stelle e Fermare il declino, quindi diciamo non proprio partiti piccolissimi o poco noti. Innanzitutto trovare i programmi a volte non è così facile o, almeno, quello che è un programma elettorale a me sembrava solo una carta d'intenti o un ammasso di slogan a cui far seguire qualcosa di un pochino più sostanzioso... e invece nulla. Era tutto lì. In particolare a me interessa il capitolo "lavoro", un tema non secondario a  mio modesto avviso. E cosa ti trovo? O quasi il nulla (nelle 15 pagine di un programma, per esempio, al capitolo Economia si dedicano poche righe delle quali solo una dedicata al tema del lavoro in senso stretto), o una serie puntuale di proposte (che ti viene in mente solo un'obiezione: perché non l'avete fatte finora?) o tante belle idee che non si capisce come verranno attuate (dove vengono presi i soldi? A quanto dovrebbe ammontare una defiscalizzazione per le imprese che assumono?). Insomma, tanti buoni propositi mal spiegati. Ah, esiste anche un lungo (e scusate, noioso) programma che pare più un manifesto filosofico su tutto quello che non va e che verrà cambiato (senza spiegare come), un altro che attacca con la pace nel mondo (non scherzo). Un dato apparentemente confortante: quasi tutti pensano a interventi ad hoc per le donne. Qualcuno lo fa perché ci sta bene (proporre solo il telelavoro, che già esiste per altro, sembra proprio un'aggiunta dell'ultimo secondo... ah, già... le donne), qualcuno perché ne è convinto e soprattutto, secondo me, perché ha chiesto alle donne cosa serve (più asili nido, è sicuro). Qualcuno se ne frega.

I leader dei programmi analizzati da Il Sole 24 Ore
Qualche giorno fa su Il Sole 24 Ore Marco Rogari aveva confrontato i programmi elettorali (di Pd, Pdl, Lista Monti, Movimento 5 stelle, Rivoluzione civile e Fermare il declino) sul tema del pareggio di bilancio e debito pubblico, valutandone efficacia e fattibilità. Rogari lamenta che i programmi fin qui pubblicati (e visto che manca poco più di un mese alle elezioni pensiamo che siano i definitivi) ci siano poche misure dettagliate sui temi da lui analizzati (ma non solo su quelli). Inoltre, per nessuno, nemmeno per l'ex tecnico prof Monti, l'analisi offre il cartellino verde sulla reale concretezza delle proposte. Inquietante.

Del resto, si sa, le elezioni non si vincono sui programmi. Chi ha provato a essere preciso e dettagliato non ha mai conquistato il Parlamento. Ma forse oggi, in questo mare di incertezza, qualche dato in più non fa male.

martedì 15 gennaio 2013

Lavorare gratis, anche no

Nell'esperienza di tutti i giorni non è una novità: sempre più spesso ci si trova a lavorare tanto, ma per poco. Retribuzioni sotto il livello della decenza, compensi tagliati anno dopo anno. In media le donne guadagnano il 17% in meno degli uomini in Europa (in Italia va anche peggio) tanto che la parità di genere sul lavoro è ancora un obiettivo lontano. Un dato però è ancora più sconfortante e lo registra oggi l'Acta (Associazione consulenti terziario avanzato) con uno studio sulle libere professioni: si lavora gratis. Non solo c'è meno domanda di servizi a causa della crisi, i pagamenti sono dilazionati nel tempo, il prezzo è l'unico fattore considerato (più della competenza). Oltre la metà degli intervistati lavora gratuitamente: per il 37% è una richiesta occasionale, per il 15,9% si tratta invece di un fenomeno frequente. E se si dice di no? C'è qualcun altro pronto a farlo, come denunciato dal 51%. Non è così in tutti i settori, il lavorare gratis è all'ordine del giorno in aree come pubblicità, editoria e design e tra gli architetti. Eppure accettare di non essere retribuiti lede sia la propria professionalità, sia quella degli altri. Il compenso è fondamentale per poter parlare di lavoro. Altrimenti chiamatelo volontariato.

lunedì 14 gennaio 2013

Tutta colpa dei figli?

Di donne, lavoro, famiglia e conciliazione mi sono occupata più volte negli ultimi anni. Tra manager in carriera pentite di aver rinunciato ai figli, mamme dirigenti bravissime nel districarsi tra riunioni e recite scolastiche, professioniste che si sono inventate un'attività nuova dopo il parto e disoccupate che hanno perso lo stipendio e la voglia di truccarsi la mattina. Ma è quando ho toccato con mano che sono riuscita a capire, al di là delle proposte di legge, le graduatorie al nido e il telelavoro, cosa significa convincere gli altri che, anche se hai una bambina di pochi mesi, sei sempre la stessa. Certo, ogni tre ore c'è la poppata (perché dall'altra parte c'è anche il senso di colpa del ricorrere alla chimica quando «sei tanto fortunata che hai il latte»). Poi lo svezzamento (perché «signora è un cambiamento fortissimo per un bambino, deve essere paziente, tanto paziente»). Poi i primi malanni («sicura che è un raffreddore? non vedi come sta male? non hai chiamato il pediatra?»).
 Perché a chi mi diceva che un figlio di cambia la vita (non dormi più, non vai al cinema, non puoi improvvisare week end...), dico: non è vero. Un figlio ti cambia il modo in cui gli altri ti vedono e, alla fine, anche come ti vedi tu. Ho lavorato fino al momento del travaglio, complice la scelta di lasciare Milano (dove ero andata a vivere e lavorare), tornare a Prato e continuare la mia attività come free lance invece di avere un contratto in un service editoriale (il che significa sì un contratto giornalistico a tutti gli effetti, ma niente garanzie sul futuro). I primi mesi tutto bene, al di là dell'abituarsi a non avere più i colleghi fianco a fianco, le pause caffè e i pranzi con la schiscetta o un panino. La bambina nasce in estate e, tranne gli impegni già presi, sospendo il lavoro per due mesi (luglio e agosto). Poi riprendo a lavorare. Ma non è più la stessa cosa.
 Sarà la crisi, sarà che diradi i tuoi viaggi a Milano (vedi alla voce allattamento, divezzamento e così via), sarà la paura che hai di non farcela, saranno le telefonate dei capi "ma se puoi, se ce la fai con la bambina" che forse sono un atto di gentilezza, ma di fatto di fanno sentire un collaboratore part-time. E così cominci a non sentirti più una brava professionista, né tanto meno una brava mamma. E visto che siamo nel bel mezzo della campagna elettorale quando senti proposte come «le donne con figli devono avere la possibilità di lavorare da casa» non pensi più (come prima) che è bello e giusto, ma che no, tu vuoi uscire, mollare la pupa e tornare a essere considerata una persona a tempo pieno. E ti domandi ogni mattina: e ora, cosa invento? Per tornare a essere se stessi, avere lo stesso spirito di iniziativa, la stessa fiducia, la stessa voglia di prima. Perché tu ti renda conto che sei come prima, solo un po' più felice.

Lo chef e il mare